Alpi Marittime e Regione sperimentano trattamenti con un bacillo

Lotta biologica per la piralide del bosso

Alpi Marittime e Regione sperimentano trattamenti con un bacillo

Progetto per contrastare la diffusione della farfalla che minaccia il bosso, pianta che costituisce importanti habitat nel sud Piemonte e Liguria.

Bruno Gallino, delle Aree Protette Alpi Marittime, impegnato in un trattamento in Val Vermenagna con la squadra Aib di Borgo San Dalmazzo | G. Bernardi.

Lotta biologica alla piralide del bosso da parte delle Aree Protette Alpi Marittime. L’Ente su incarico della Regione, con il DISAFA e il DIBIOS dell'Università di Torino, dal 2018, ha avviato dei trattamenti con il Bacillus thuringiensis. Una sperimentazione che viene svolta su una selezione di zone con presenza di bosso spontaneo nel tentativo di salvare la pianta dalle tenaci mandibole del bruco di questa “nuova” farfalla.

La piralide (Cydalima perspectalis) è una farfalla i cui bruchi divorano foglie e corteccia dell’arbusto. Introdotta accidentalmente in Germania nel 2006, a seguito d’importazioni di piantine dalla Cina, si è diffusa in tutta Europa. Nel 2012 l’insetto è giunto nel nord Piemonte e poi nelle province di Asti e Torino territori nei quali ha cominciato a defogliare le siepi di parchi e giardini.

Nella Granda, la piralide, è presente da alcuni anni. “È in espansione e la sua presenza in valle Tanaro sta portando a rischio estinzione il bosso spontaneo, gravi sono i danni in valle Grana, colpiti anche gli arbusti di altre valli tra cui la Vermenagna”, dice Bruno Gallino tecnico della conservazione ambientale delle Aree Protette Alpi Marittime.
Al momento non sono noti competitori naturali efficaci di Cydalima perspectalis e quindi il Piemonte ha deciso di provare a contrastarla con il batterio Bacillus thuringiensis var. kurstaki.
Con la collaborazione delle squadre Aib territoriali le Aree Protette Alpi Marittime stanno facendo i trattamenti nelle valli Grana, Vermenagna e Tanaro spruzzando il bacillo sui bossi, con l’ausilio di pompe usate per gli incendi boschivi.

La somministrazione del thuringiensis viene fatta di sera.
“Abbiamo notato – spiega ancora Gallino – che il batterio è foto sensibile e quindi il trattamento è più efficace se fatto a fine giornata. Si tratta di sperimentazioni, le prime in Italia, sulle piante spontanee. Parallelamente a queste, le università coinvolte nel progetto stanno conducendo studi per verificare eventuali effetti su altri lepidotteri”.

Il bosso, in Piemonte, si trova come specie di sottobosco in faggeta (le comunità a faggio e bosso caratterizzano un'associazione vegetale presente unicamente nelle Alpi sud-occidentali e nei Pirenei) mentre sui pendii rocciosi alpini può formare un habitat rupicolo importante per la biodiversità e per la funzione di stabilizzatore dei versanti più scoscesi. Nelle Alpi occidentali italiane è comune nelle valli Tanaro, Pesio (pochi esemplari), Vermenagna, Maira, Grana e poi in Liguria. Data la sua specificità e la sua distribuzione limitata, quello del bosso è un habitat tutelato dalla Direttiva Habitat dell'Unione europea. Per questo in Valle Grana, è stato da poco istituito il Sito di Importanza Comunitaria (SIC) "Comba di Castelmagno”.

Vivai in quota
Per garantire la conservazione della specie nelle prossime settimane, saranno prelevati degli arbusti sani per piantumarli in quota, dove la piralide dovrebbe avere difficoltà a sopravvivere.

Ultimo aggiornamento: 12/09/2019

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