Piante resistenti e frugali

Vegetazione d'alta quota

Piante resistenti e frugali

L’ambiente delle pareti rocciose poste oltre il limite della vegetazione arborea costituisce un habitat estremo per la vegetazione.

Eritrichium nanum (All.) Schrader | Archivio APAM, G. Pallavicini

L’ambiente delle pareti rocciose poste oltre il limite della vegetazione arborea costituisce un habitat estremo per la vegetazione a causa delle proibitive condizioni climatiche e di tutte le difficoltà connesse alla mancanza di un vero suolo, come la scarsità d’acqua e di elementi nutritivi.

Ma anche le rocce più nude molto spesso sono solo apparentemente prive di vita: una moltitudine di piante cosiddette inferiori (alghe, licheni, muschi, ecc.) è in grado di colonizzare direttamente anche il substrato roccioso compatto. L’attività di tutte queste microscopiche piante contribuisce allo sfaldamento della superficie rocciosa, nonché al deposito nelle fessure di modeste quantità di humus derivante dal loro disfacimento. Queste piccole pioniere, creano così le condizioni necessarie all’insediamento di piante superiori, specie di fessura dotate di apparati radicali sviluppatissimi in grado di penetrare per parecchi metri alla ricerca di filoni acquiferi nel corpo roccioso. Queste piante sono sottoposte a contrasti ecologici notevoli: spesso prive della copertura nevosa, devono subire l’azione del vento e di temperature polari. Esse inoltre devono sopportare il forte surriscaldamento della roccia, escursioni termiche diurne notevolissime e l’elevata traspirazione dei giorni più caldi.

Le piante rupicole affondano le loro radici a diretto contatto con il substrato roccioso, che costituisce un ulteriore e fondamentale fattore di selezione della flora. Da ciò deriva la netta differenziazione tra la flora dei substrati acidi, definita acidofila, e la flora che predilige i substrati a elevato tenore di calcio, definita calcifila.

Tra le specie rupicole acidofile più caratteristiche ricordiamo: Saxifraga florulenta, Saxifraga cotyledon, Eritrichium nanum, Androsace vandelli, Silene acaulis subsp. excapa, Artemisia petrosa, Achillea nana, Saxifraga exarata, Ligusticum mutellinoides, Minuartia sedoides e Minuartia recurva.

Tra le calcifile più rappresentative vanno invece citate: Saxifraga caesia, Saxifraga moschata, Saxifraga diapensioides, Arenaria moheringioides, Ptylotrichum halimifolium, Primula allionii, Primula marginata, Vitaliana primulaeflora, Petrocallis pyrenaica, Silene acaulis e Leontopodium alpinum.

Accumuli di materiale detritico alla base di pareti strapiombanti, così come le morene, le conoidi di deiezione oppure ancora i coni detritici, costituiscono uno dei più rilevanti aspetti paesaggistici dell’ambiente alpino, nel cui ambito la forza di gravità opera una netta selezione, accrescendo la granulometria del detrito di falda dall’alto verso il basso: massi più grandi si trovano più in basso, quelli di dimensioni minori al di sopra. Per colonizzare questi ambienti, le piante devono essere in grado di far germinare i loro semi nello strato terroso sul fondo del ghiaione; allo stesso tempo devono saper reagire con vigore alla rottura delle parti aree e sotterranee.

Caratterizzati da una maggior stabilità, i detriti silicei, i più rappresentati nell’ambito del Parco, costituiscono il terreno adatto per specie che in generale necessitano di condizioni di minor disturbo, come le piante a cuscinetto, oppure per organismi come i muschi e i licheni, estremamente lenti nella loro crescita. Le specie più diffuse su questi particolarissimi terreni sono Adenostyles leucophylla, Viola argenteria, Achillea herba-rotta, Thlaspi limosellaefolium e Hutchinsia alpina.

Da parte loro gli sfasciumi calcarei, pur non essendo in grado di garantire i medesimi livelli di stabilità, sono in grado di fornire alle piante una maggior quantità di sostanze nutritizie rispetto agli analoghi substrati silicei, in quanto in essi risulta minore la quota di ioni dilavati dagli agenti atmosferici e dunque persi a tutti gli effetti per la nutrizione delle piante. Tra le specie tipiche dei detriti calcarei, ben rappresentate nel settore orientale del Parco in relazione alla sua collocazione nell’ambito della copertura sedimentaria del massiccio cristallino, citiamo: Papaver rhaeticum, Thlaspi rotundifolium, Centranthus angustifolium, Arenaria montana, Galeopsis reuteri, Gypsophila repens, Doronicum grandiflorum e Cerastium alpinum.


Ultimo aggiornamento: 18/11/2020

Iscriviti alla nostra newsletter

Resta aggiornato sugli eventi e le storie delle aree protette