Un regno di faggi, abeti e larici
Boschi
Un regno di faggi, abeti e larici
All'interno del Parco possiamo distinguere tre fasce altitudinali: la faggeta, il bosco ad abete bianco e il lariceto rado.
Boschi di latifoglie e boschi di conifere sono le due formazioni presenti sul territorio del Parco.
Boschi di latifoglie: le faggete
Tra i vari tipi di bosco di latifoglie, la faggeta rappresenta senza dubbio il consorzio forestale più diffuso. La superficie coperta dal faggio, infatti, si aggira intorno al 16% dell'estensione totale dell'area protetta, mentre i boschi di conifere non raggiungono il 4%.Molteplici sono le ragioni che stanno alla base di questa situazione. Innanzitutto va citata l'influenza esercitata sul clima di questo settore delle Alpi dal Mediterraneo, posto a meno di 40 chilometri in linea d'aria. Il suo influsso gli conferisce un carattere tipicamente oceanico, temperato e umido, tanto favorevole al faggio quanto avverso alle conifere, che con l'eccezione dell'abete banco, amano tratti climatici più nettamente continentali. In secondo luogo va ricordare il ruolo giocato dalla geomorfologia tipicamente aspra e accidentata del territorio protetto: ricco di stretti valloni dai ripidi versanti e di gruppi montuosi di roccia cristallina compatta, esso risulta più facilmente colonizzabile da parte di essenze arboree adattabili come portamento, quali in genere sono le latifoglie. Ultimo, ma non meno importante, fattore di selezione a tutto vantaggio del faggio è stato l'uomo, che attingendo indistintamente dalle riserve di legname rappresentate da tutti i boschi, ha involontariamente favorito le faggete, in grado di resistere meglio ai tagli delle conifere, grazie alla spiccata capacità pollonifera.
Estendendosi dai 1000 metri fino ai 1700-1800 metri di altitudine, quota massima d'espansione per la catena alpina, il bosco di faggio si mostra per lo più in veste di fitta compagine di alberelli coetanei dal portamento cespuglioso.
Questo suo aspetto è da mettere in relazione con la forma di governo assegnatagli dall'uomo, il ceduo, che sfrutta la capacità tipica delle latifoglie in genere di emettere dalle ceppaie i polloni, cui spetta il rinnovamento del bosco.
Questi cedui ancor oggi risentono dell'intenso sfruttamento del passato, che prevedeva tagli a intervalli molto ravvicinati, di otto-dieci anni. Va da sé che essi non presentino grandi pregi naturalistici o paesaggistici. Il sottobosco, infatti. a causa del fitto ombreggiamento e della presenza di una densa lettiera, è molto povero. Lo impreziosiscono piccole specie erbacee, come l'Hepatica nobilis, che punteggia il suolo uniforme con una delicata fioritura di color viola che, anticipando la fogliazione del faggio, rimedia con la precocità alla scarsa luminosità di questi boschi.
Nel Parco non mancano alcuni esempi circoscritti di faggete governate a fustaia, cioè boschi la cui rinnovazione spetta al seme.
La fustaia più nota è il cosiddetto Bosco Bandito di Palanfrè, piccola borgata della Val Grande posta all'estremo orientale dell'area protetta. Palanfrè si trova in una posizione a rischio per le valanghe. Per questo motivo, già dai primi anni del '700, ma probabilmente anche prima, era stato vietato (“bandito”) il taglio della faggeta a monte delle case: gli alberi facevano da paravalanghe naturale. I "Bandi Campestri" custoditi negli archivi del comune di Vernante, datati 1741, sono la prima testimonianza scritta dello stato di protezione cui era sottoposto il bosco. Il confine superiore della faggeta, che ha un'estensione di soli 9 ettari, coincide con il limite altimetrico d'espansione della specie.
Anche la piccola fustaia sorta intorno alle palazzine di caccia di San Giacomo di Entracque, dove si possono ammirare alcuni alberi ultracententenari, aveva la funzione di riparare le costruzioni dalle slavine. Qui si può notare l'intervento di un giardiniere, intervenuto a ingentilire il già elegante portamento dei faggi per creare intorno alle dimore estive dei Reali un paesaggio vegetazionale degno dei loro frequentatori.
Boschi di conifere
Sono quattro le specie di conifere presenti nel Parco: l'abete bianco, l'abete rosso, il larice e il pino cembro (o cirmolo).Fra queste, l'abete bianco rappresenta la specie più adatta al clima sub-oceanico che caratterizza questo settore alpino. Esso tuttavia è ben lontano dal raggiungere la diffusione dell'altra specie tipicamente mesofila, il faggio, con cui crea consorzi forestali misti, a causa dell'intenso sfruttamento operato in passato dall'uomo e dalla sfavorevole conformazione del territorio. Gli esemplari più belli sono quelli che compongono la grande foresta che si estende nei pressi delle Terme di Valdieri, posta all'imbocco dei valloni della Valletta e del Valasco.
Abete rosso, larice e pino cembro sono invece specie legate a un tipo di clima più continentale, caratterizzato da estati secche e calde e da inverni freddi e asciutti. In questa regione a clima temperato e piovoso, riescono a vegetare lo stesso insediandosi nelle zone più interne dei valloni o al riparo dei grossi massicci montuosi, dove si creano le condizioni più favorevoli. Le tre essenze possono mescolarsi per formare boschi misti.
Larice e pino cembro mostrano spiccate attitudini pioniere. Il larice, essenza forestale che ama la luce del sole, colonizza i bordi dei canaloni e i versanti ricoperti da pietrame e da accumuli detritici. Nel Parco si spinge fino a 2500 metri, limite altitudinale ritenuto la massima quota raggiunta in tutta Europa. Un bell'esempio di lariceto pioniero è offerto dal versante destro della Valle della Meris, ambiente rupestre a elevata pendenza regolarmente battuto dalle slavine.
Il pino cembro rappresenta la conifera in grado di raggiungere le quote più elevate: con esemplari isolati, dall'aspetto contorto e sofferente, raggiunge i 2800 metri di quota su creste e rupi- Le rocce del Monte Frisson, poste alla testata del Vallone degli Alberghi, rappresentano, accanto alle pareti della Rocca dell'Abisso, il limite orientale del suo areale di diffusione.